Leggere questo libro significa fare un viaggio. Prendere per mano, o meglio farsi prendere per mano da Bruno, un bambino di nove anni, e cominciare a camminare. Presto o tardi si arriverà davanti a un recinto. Uno di quei recinti che esistono in tutto il mondo, uno di quelli che ci si augura di non dover mai varcare. Siamo nel 1942 e il padre di Bruno è il comandante di un campo di sterminio. Non sarà dunque difficile comprendere che cosa sia questo recinto di rete metallica, oltre il quale si vede una costruzione in mattoni rossi sormontata da un altissimo camino. Ma sarà amaro e doloroso, com’è doloroso e necessario accompagnare Bruno fino a quel recinto, fino alla sua amicizia con Shmuel, un bambino polacco che sta dall’altro lato della rete, nel recinto, prigioniero. John Boyne ci consegna una storia che dimostra meglio di qualsiasi spiegazione teorica come in una guerra tutti sono vittime, e tra loro quelli a cui viene sempre negata la parola sono proprio i bambini.
John Boyne (Dublino, 30 aprile 1971) è uno scrittore irlandese.
Dopo aver studiato Trinity College di Dublino, ha frequentato il corso di Scrittura creativa all’Università dell’East Anglia, dove ha guadagnato il premio Curtis Brown; ma già ai tempi del college era riuscito a far pubblicare i suoi lavori.
Boyne ha scritto sette romanzi ed un certo numero di racconti che sono stati pubblicati in varie antologie o trasmesse alla radio o in televisione. Il suo romanzo “Il bambino con il pigiama a righe” è stato al primo posto nella New York Times Best Seller List ed ha venduto più di 5 milioni di copie in tutto il mondo, e da esso è stato tratto un omonimo film nel 2008.