Mi butterei se sapessi come fare e come divertirmi, lasciandomi trasportare dagli eventi, senza temere i pericoli immaginati da una mente condizionata dal germe della paura.
Invece resto dietro ad osservare chi si getta guidato dall’impulso della curiosità, senza troppi pensieri, certo che qualunque prova ne verrà fuori, ne sarà valsa la pena.
Li seguo con gli occhi bramosi di conoscere e sapere, per cogliere ciò che da sola non scorgo, ma assaporo solo qualcosa di amaro in bocca e una sottile vena avvelenata che mi intossica dentro.
Raccolgo l’indizio triste di aver perso il momento giusto, passato e mai più a disposizione. E nello stesso istante un muro sale a dividermi dagli altri che l’attimo l’hanno saputo cogliere senza complicate e maniacali spirali logiche.
L’unica soddisfazione che mi rimane è aver guardato gli altri nel loro incontro con il dio Pan, le espressioni divertite o l’incognita di uno scontro non previsto, l’errore incalcolato e quindi difficilmente recuperabile, il pregiudizio iniziale e la sorpresa, la sensazione di un spiacevole fallimento mal digerito e il gusto esaltante della vittoria.
Io preferirei provare la lucida consapevolezza di aver fatto un’esperienza naturale che non intacca minimamente la mia essenza, impossibile perché me, finché resto ciò che sono.