Ma che bel quadretto questo scorcio di paesino attraversandolo a piedi di ritorno da una scarpinata di quelle toste che mi lasciano i piedi doloranti e i jeans sporchi di terra per i cascatoni e le culate in discesa, quando la paura di perdere l’equilibrio mi spinge a passare dalla versione homo herectus alla versione homo poltronum che presto verrà adottata anche da tutti i lobotomizzati delle promozioni di “poltrone e sofà”.
Ma quale bel paesino! Casone in cemento così brutte che in confronto una raffineria ha più fascino, malandate dopo trent’anni, sono la miseria dei tempi moderni contro l’immutata bellezza della chiesa romanica e della Torre romana con tanto di arco e ponte.
Alle due e mezza il paese grande quanto un centro commerciale, è vuoto, stanno tutti mangiando ai quattro palmenti all’interno dei ristoranti, facendosi servire i piatti tipici locali che sono riportati nei cartelli dei menù all’esterno come nelle città ad alto tasso turistico: polenta di cinghiale e carne alla brace.
Uh! Buono… Il paese è diventato una sorta di parcheggio per i turisti ma i pasti li sanno cucinare bene, mi guardo intorno e noto che i locali sono rimasti allo stile delle balere anni ’80. Il tempo si è fermato oppure impiega tempo ad arrivare il cambio.